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[www-it-traduzioni] Traduzione intervista RMS a blog Grillo


From: Andrea Pescetti
Subject: [www-it-traduzioni] Traduzione intervista RMS a blog Grillo
Date: Tue, 05 Mar 2013 14:03:41 +0100
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Richard Stallman ha rilasciato un'intervista al blog di Beppe Grillo qualche giorno fa e mi ha chiesto nel weekend di rivedere la traduzione (evidentemente l'intervista e' stata fatta in inglese e qualcuno dello staff aveva fatto una bozza di traduzione italiana). Non ho potuto condividere la revisione su questa lista perche' RMS mi ha chiesto di non discuterne in pubblico prima della pubblicazione.

Ora vedo che il testo e' pubblicato su
http://www.beppegrillo.it/2013/03/passaparola_-_libero_software_in_libero_stato-_richard_stallman.html
e immagino che, come tutti gli interventi di RMS, apparira' su gnu.org in versione inglese entro qualche giorno.

La traduzione pubblicata incorpora alcune delle mie correzioni (almeno hanno tolto "software patentato", che usavano per tradurre "proprietary", e qualche altro palese errore, e hanno apportato tutte le mie correzioni ai primi paragrafi), ma molte sono rimaste fuori, forse solo per una questione di fretta. Quindi, per non perdere il lavoro, incollo qui sotto la traduzione completa con tutte le revisioni che avevo fatto. E' diversa da quella pubblicata sul blog ma, se l'intervista viene ripubblicata su gnu.org, userei questa come punto di partenza per la traduzione italiana.

Finche' la versione inglese non appare su gnu.org non c'e' molto da aggiungere.

Ciao,
  Andrea.
  ----
Sono Richard Stallman. Ho lanciato il movimento per il Software Libero,
che in inglese ha un nome ambiguo, Free Software, ma che riguarda la
libertà, non il prezzo; ho guidato lo sviluppo del sistema operativo
GNU che oggi, insieme al kernel Linux, è utilizzato come sistema
GNU+Linux su milioni di computer, e che permette all'utente di avere il
controllo sulle proprie attività informatiche e sul software che usa,
anziché il contrario. Se si utilizza software non libero, proprietario,
"soggiogante", allora è il programma che controlla l'utente, tutti gli
utenti, e c'è un proprietario che controlla il programma, il che
significa che quel programma è uno strumento che dà al proprietario
potere nei confronti dell'utente.

E' un'ingiustizia; ecco perché dobbiamo farla finita col software
non libero.

I: Non è quindi solo una questione di prezzo.

RS: Non si tratta affatto di prezzi. Il prezzo, in definitiva, è solo
un dettaglio; non c'è nulla di sbagliato nel pagare dei programmatori
per il lavoro che svolgono. Io sono stato un programmatore, non mi
offendeva essere pagato per il mio lavoro. Il punto non è questo ma
piuttosto: è l'utente che controlla il software che utilizza o è il
software a controllare l'utente? Queste sono le uniche due possibilità
nell'ambito del software.

Come possiamo capire in quale caso ci troviamo? Il primo caso, quello
in cui sono gli utenti a controllare il programma, è la situazione del
software libero: si può avere effettivo controllo solo godendo di
quattro libertà fondamentali, che sono i pilastri del software libero.

La prima, la "libertà zero", è la libertà di eseguire il programma in
qualsiasi modo, mentre la seconda, la "libertà uno", è la libertà di
studiare il codice sorgente del programma, cioè la forma in cui lo
hanno scritto i programmatori, e di poterlo modificare a piacimento.

Con queste due libertà ogni utente, individualmente, ha il controllo
del programma; con esse ciascuno è libero di far operare il proprio
computer come vuole.

Ma il controllo individuale non è sufficiente, perché la maggior
parte degli utenti non sa programmare, svolge altre professioni,
altre attività e se uno non è capace di programmare non sa come
esercitare la libertà uno; non saprebbe comprendere il codice sorgente
né tantomeno modificarlo.

Quindi non è ancora abbastanza. Gli utenti hanno bisogno anche di
un controllo collettivo, vale a dire che qualsiasi gruppo di utenti
può decidere di lavorare insieme, che si tratti di due persone o di
un intero paese; possono lavorare insieme, esercitando il controllo
perché il programma faccia ciò che loro, collettivamente, vogliono
che faccia.

Nel gruppo, quindi, ci saranno alcuni programmatori, che faranno
materialmente le modifiche. Ma gli altri possono utilizzare
quella versione e decidere di cooperare perché condividono degli
obbiettivi. Il gruppo potrebbe poi invitare il pubblico, offrire
copie a tutti oppure no, è una loro scelta.

Per esercitare un controllo collettivo sul programma occorrono altre due
libertà fondamentali: la "libertà due" è la possibilità di ridistribuire
copie identiche ad altri, in qualsiasi momento, mentre la "libertà tre"
è la possibilità di distribuire le copie modificate, sempre in qualsiasi
momento.

Queste due libertà consentono alle persone di formare un gruppo per
far fare al programma quello che collettivamente vogliono e fornirne
copie ad altri, in pratica invitandoli a far parte del gruppo.

Se gli utenti non godono delle quattro libertà, allora non
controllano il programma. E' il programma che controlla gli utenti,
e il proprietario controlla il programma. Il proprietario esercita
il proprio potere sugli utenti per mezzo del programma.  In genere il
proprietario è un'azienda che sa bene il potere che può esercitare e
che è costantemente alla ricerca di nuovi, astuti metodi per trarre
vantaggio da quel potere a danno degli utenti.

Si possono inserire funzionalità maligne, ad esempio, che spiano gli
utenti. Che limitano intenzionalmente ciò che gli utenti possono
fare con i dati a disposizione. Esistono persino degli 'ingressi
secondari' in grado di ricevere comandi remoti, che operano
sull'utente senza richiedere l'autorizzazione e senza informarlo
di ciò che stanno facendo.

Queste sono cose che accadono normalmente nel software non
libero. Sappiamo che in Microsoft Windows ci sono delle specifiche
funzionalità maligne, e lo stesso vale per Mac OS, per il software
dei vari "iGadget" di Apple, per Flash Player, per "Angry Birds", per
il Kindle di Amazon, per la Playstation 3, e per quasi tutti i telefoni
cellulari. Questo significa che chi usa software non libero è quasi
certamente esposto al rischio di qualche funzionalità maligna.

E cosa c'è da aspettarsi, quando si dà alle grandi aziende potere
sulle persone, cosa ne faranno? Ne approfitteranno! Studiano forme per
abusare di questo potere. La mia risposta è: anziché cercare di
convincerli a non abusare degli utenti, togliamo loro tutto il potere
di cui godono. Con il software libero togliamo loro il potere,
almeno in questo ambito della vita; gli altri ambiti richiederanno
altre soluzioni.

Uno dei maggiori utenti di software è lo stato. Molte agenzie dello
stato e altre entità statali usano software. Di solito non si tratta
di software libero, il che significa che queste entità non controllano
i propri computer. Il che viola la sovranità informatica dello stato.

Chi usa un programma non libero e perde così il controllo sul proprio
computer danneggia solo se stesso. E' lui a rimetterci e non lo
condanno, perché non mi danneggia in alcun modo, anche se mi dispiace
e cercherò di aiutarlo nel caso in cui lo desideri.

Quando è lo stato a perdere il controllo sul proprio computer, è
peggio. Perché lo stato non fa operazioni informatiche per il
proprio piacere, lo fa per le persone. Lo stato ha il dovere morale
di mantenere il controllo sull'informatica, in modo che non vada a
finire in mano a terze parti.

Ciò significa che le entità statali non devono usare software
proprietario. Devono usare esclusivamente software libero, e lo
stato deve mantenere il controllo delle operazioni informatiche che
compie per noi. Lo stato deve adottare politiche atte a liberarsi del
software non libero che sta utilizzando, e naturalmente fare in modo
che non ne venga introdotto altro.

Quali sono le implicazioni? Prima di tutto, quando lo stato acquista
una soluzione informatica, il contratto deve prevedere che la soluzione
sia fornita come software libero, e che venga progettata in modo da
poter operare in ambienti liberi. Può essere portabile, può essere
in grado di girare anche su altri ambienti, non importa. Il punto è
che il contratto sia vincolato ad una soluzione che non allontani lo
stato dal recuperare la propria sovranità.

Nel tempo, lo stato deve sostituire  le soluzioni non libere esistenti
con del software libero. Inoltre, quando lo stato acquista dei
computer, deve comprare dei modelli che funzionino con il software
libero, o almeno che si avvicinino il più possibile a quelli già
esistenti  tra i modelli in vendita al pubblico.

In questo modo, lo stato farà pressione sulle aziende affinché
vadano nella direzione di rendere i loro computer utilizzabili senza
alcun software non libero, e sarà sicuro che i computer che sta
acquistando non diventino un ulteriore ostacolo al recupero della
sovranità informatica.

Se lo stato non ha la sovranità informatica, è vulnerabile
agli abusi. Ricordate che alcuni programmi non liberi hanno degli
'ingressi secondari' che ricevono comandi remoti e agiscono sull'utente.
Tra questi troviamo Microsoft Windows, il software dei vari "iGadget"
di Apple, e la maggior parte dei cellulari.

Se un'agenzia statale svolge un compito cruciale, la presenza di
software non libero in quella agenzia costituisce una minaccia per
la sicurezza nazionale. Io faccio riferimento ai casi conosciuti di
ingressi secondari, ma in tanti altri casi noi non sappiamo nulla,
e non siamo in grado di scoprire nulla, quindi l'utilizzo di software
non libero significa che lo stato rischia di avere questo tipo di
problemi, che possono essere utilizzati per attaccare lo stato
stesso.

I: Richard, il tuo consiglio su ciò che il prossimo governo italiano
dovrebbe fare per il software libero.

RS: La responsabilità del governo consiste nell'organizzare
la società con l'obbiettivo del benessere e della libertà delle
persone. Si tratta di una missione molto ampia. Una parte di essa
riguarda l'informatica per le persone. Lo stato dovrebbe aiutare la
gente a diventare libera nell'utilizzo del computer. Aiutare la gente
a spostarsi sul software libero. Non dovrebbe mai fare l'opposto,
spingere i cittadini ad usare programmi non liberi.  Ciò implica che
alcune cose devono essere cambiate. Innanzitutto, quando lo stato
distribuisce del software, esso deve sempre essere libero. Quando
entità statali esortano il pubblico ad usare del software, deve
essere sempre libero. La Rai diffonde dei video in un formato che
prima era segreto; ora credo che non lo sia più ma il software di
cui incoraggiano l'utilizzo non è libero. Questo deve finire.

Inoltre, molti siti web del governo, come molti altri siti web,
spediscono del software al computer dell'utente. Software che è
incluso, o richiesto, dalle pagine web. Di solito è scritto in
linguaggio JavaScript, e di solito non è libero. I siti web del
governo dovrebbero assicurarsi che tutto il codice JavaScript che
spediscono all'utente sia software libero.

L'influenza più grande che lo stato esercita sul pubblico è
attraverso la scuola. La scuola insegna agli studenti ad usare
il software. E' software libero, rispettoso della libertà, o
proprietario? Bene, deve essere tutto software libero. Lo stato
deve fare in modo di convertire le scuole al software libero.

Esiste in Italia un esempio di un sistema scolastico che ha adottato,
in qualche misura, il software libero. E' la scuola in lingua italiana
di Bolzano, che ha deciso di convertirsi al software libero. Tutti
i sistemi scolastici italiani dovrebbero spostarsi sul software
libero. Le scuole, come ogni altra attività educativa, hanno una
missione sociale, che consiste nel formare buoni cittadini per una
società forte, capace, indipendente, cooperante e libera.

In informatica, il compito è formare le persone a diventare utenti
capaci di software libero. Pronti ad essere parte attiva di una
società digitale libera. Le scuole non dovrebbero mai insegnare
un programma proprietario, che significa insegnare a dipendere da
un'azienda, e viola quindi la missione sociale della scuola. Non
si deve mai fare.

C'è poi una ragione più profonda. Per l'educazione morale. Educazione
e cittadinanza. Le scuole devono fare di più che insegnare
fatti e abilità. Le scuole devono insegnare lo spirito di
benevolenza. L'abitudine di aiutare altre persone. Quindi, in ogni
classe deve valere questa regola: studenti, se portate un programma
in classe, non potete tenerlo per voi.

Dovete condividere le copie in classe con tutti quelli che le
desiderano. E anche il codice sorgente, gli algoritmi matematici,
algebrici del programma, se qualcuno vuole impararle. Questa classe è
un luogo in cui condividiamo la nostra conoscenza, quindi è vietato
portare in classe software proprietario.

La scuola deve dare il buon esempio seguendo la propria regola,
quindi deve portare in classe solo software libero, e condividerne
copie con tutti, anche del codice sorgente.

Non si tratta soltanto di come fare formazione in maniera un po'
migliore, o un po' più efficiente. Si tratta di fare della buona
formazione invece che una formazione cattiva, sbagliata.

Il modello migliore, a livello mondiale, per aver convertito le agenzie
di stato al software libero è l'Ecuador, dove il Presidente Correa
ha messo in atto una politica per cui qualsiasi agenzia voglia usare
del software proprietario deve richiedere un'eccezione, presentando
motivazioni convincenti a sostegno della richiesta. Altrimenti deve
spostarsi sul software libero.  Una volta ottenuta l'eccezione,
questa resta valida per qualche anno, poi viene riconsiderata,
per valutare se sia nel frattempo divenuta possibile l'adozione di
software libero. Ecco come si implementa un sistema efficace per
allontanare lo stato dal software proprietario.

Va detto che oggi c'è un altro modo di perdere il controllo delle
proprie attività informatiche, sia da parte degli individui, che di
aziende o enti statali, e consiste nel farle su server altrui. Se si
svolgono attività informatiche sul server di qualcun altro, con
software scelto da quella persona, se ne perde il controllo.
Questo fenomeno si chiama 'software come servizio', ed è profondamente
scorretto.

Le agenzie di stato devono rifiutare anche il software come servizio,
a meno che non stiano utilizzando un server che è operato dallo
stato a quello scopo; che va bene, in quel caso è solo un altro
pezzo dello stato, che può quindi svolgere i suoi servizi pubblici.

I: I dati non devono avere un software "cloud"?

RS: Non uso il termine "cloud" ("nuvola informatica"), lo trovo poco
chiaro perché raggruppa concetti diversi, che pongono problemi distinti: se
si utilizza quell'espressione non si sa più di cosa si stia parlando. Io
preferisco usare espressioni più specifiche, come "software come
servizio". Un altro possibile significato di "cloud" è "servizi remoti
di archiviazione dati". Lo stato non deve servirsi di
servizi di archiviazione remota di altre entità, mentre può fornire
un centro di archiviazione remota che venga utilizzato dalle altre
sue agenzie.

La tecnologia digitale ha reso possibile una sorveglianza tale che
Stalin poteva solo sognarsela. E' incredibilmente pericolosa.
Può darsi che la tecnologia digitale sia una maledizione
per l'umanità per il livello di sorveglianza che rende
possibile. Qualcuno nella ex-Germania Est ha utilizzato non so quale
cavillo di legge irlandese per chiedere che Facebook in Irlanda gli
consegnasse tutti i dati che lo riguardavano. Ha ottenuto centinaia
o migliaia di pagine, non ricordo più.

Ha detto che la Stasi, la polizia segreta, non avrebbe avuto un dossier
così vasto su una persona che non fosse coinvolta nella politica o in
affari criminosi. Lui non era particolarmente coinvolto in alcunché
di politico o di criminoso, eppure Facebook aveva un dossier gigantesco
su di lui.

Questo è solo un esempio della portata della sorveglianza
digitale. Parte della sorveglianza digitale viene fatta attraverso
elementi di sorveglianza nei programmi che utilizziamo, principalmente
nel software non libero.

Se abbiamo il controllo del nostro software, abbiamo il potere di
assicurarci che non contenga elementi di sorveglianza, ma ci sono altri
modi in cui questa sorveglianza viene attuata. Tantissimi siti web
sorvegliano la gente che li visita e anche quella che non li visita.

Facebook è il principale esempio di sorveglianza su persone che non
sono suoi utenti e non visitano il suo sito. Funziona grazie ai tasti
"Mi piace". Se visitate una pagina che contiene il pulsante "Mi piace",
Facebook sa immediatamente che il vostro computer ha visitato quella
pagina. Ecco come.

L'immagine di quel pulsante "Mi piace" viene da un server di
Facebook. Quando il vostro browser prepara la pagina, vede il
riferimento a quell'immagine e dice al server di Facebook: "Dammi
quell'immagine". Dice anche: "Mi serve per questa pagina".

Il server di Facebook sa che il vostro computer ha richiesto l'immagine
per includerla in quella pagina. Se sa che quel computer è usato
principalmente da voi, Facebook sa che avete visitato quella pagina,
anche se non avete mai usato Facebook in vita vostra.

Bene, noi del progetto GNU stiamo lavorando ad un browser che sarà
in grado di bloccare queste immagini, in modo che Facebook non possa
più sorvegliare le persone in quel modo. Ma ciò che occorre veramente
è che tali pratiche siano proibite per legge.

L'Unione Europea ha una direttiva per la protezione dei dati, all'epoca
pionieristica, peccato che appartenga ad un'altra era. Quando ci si
aspettava che le aziende acquisissero e immettessero informazioni
nelle proprie banche dati perché qualcuno spediva loro su supporto
cartaceo informazioni personali, che poi esse copiavano e archiviavano
nei propri computer.

La direttiva per la protezione dei dati funziona molto bene per
quel caso specifico, solo che oggi le pratiche informatiche sono
cambiate. Oggi un'azienda molto probabilmente acquisisce dati
personali attraverso una pagina web. E quando si guarda quella pagina
web molto probabilmente questa fornisce informazioni sul visitatore
anche ad altre aziende.

Per esempio a Facebook, se c'è un pulsante "Mi piace". Ad aziende
pubblicitarie che forniscono la pubblicità al sito. E così via. Bene,
quell'informazione in pratica viene fornita dall'azienda con cui si
sta cercando di interagire ad altre aziende, secondo una
modalità che aggira i dettami della direttiva sulla protezione
dei dati.

Dettami che devono essere estesi se vogliamo che questo comportamento
venga trattato come se quell'azienda avesse esplicitamente fornito i dati
ad altri, cosa che non sarebbe stata permessa. Ma è anche peggio di
così. Oggi, il sito web di quell'azienda potrebbe trovarsi anche fuori
dall'azienda, ad esempio su un server virtuale preso in affitto
da un'ulteriore azienda, la quale a sua volta è ora in possesso
di quei dati.

E se quell'azienda fosse negli Stati Uniti, cioè se il server fosse negli
Stati Uniti? A quel punto i vostri dati si trovano in un posto dove
manca del tutto una legge sulla protezione dei dati. Gli Stati Uniti
hanno un sistema di protezione dati che si applica solo ad alcuni
campi particolari. Nella maggior parte dei casi, non esiste.

Questo non deve essere permesso. Le aziende europee non devono poter
prendere dati e immagazzinarli in un luogo che non è soggetto a
regole equivalenti per la protezione dei dati. Se i dati trasmessi
da un'azienda al proprio server attraversano gli Stati Uniti,
questi copiano tutto il traffico dati che attraversa il confine.

Così stabilisce il famoso, illegale provvedimento sulle
intercettazioni di Bush, che egli riuscì poi a far legalizzare dal
Congresso. Si chiama "FISA Amendments Act", credo. Stabilisce che
qualora avvenga una comunicazione tra una persona degli Stati Uniti
e una persona non degli Stati Uniti, questi hanno la facoltà di
copiarla. E lo fanno.

E' chiaro che se lo scopo è la protezione dei dati, non si può
consentire a soggetti europei di inviare dati  attraverso confini
dove si sa che verranno spiati. Si sta procedendo proprio in questo
momento ad una revisione della direttiva sulla protezione dei
dati. Le aziende di pubblicità su Internet stanno facendo lobby in
maniera molto pesante per impedire che questa direttiva assolva alla
propria funzione.

Ecco un campo in cui gli europei devono attivarsi subito. La legge è
sotto esame al parlamento europeo e va velocemente. Ho tenuto lì una
conferenza all'inizio di Febbraio. Spero di aver influenzato qualcuno,
ma io sono straniero. Non sono uno straniero ricco, quindi non mi
daranno grande ascolto.

Questa battaglia tocca a voi.



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